La tragica vicenda di Giulio Regeni ha avuto l’effetto di porre, in modo forse inedito, all’attenzione dei media italiani ed europei la realtà dei ricercatori che conducono i propri studi in società instabili dal punto di vista politico, sociale o antropologico. Più in generale, si può affermare che la precarizzazione della condizione dei ricercatori è una conseguenza fin ad oggi poco evidenziata del processo di destabilizzazione dei sistemi politici mediorientali e
arabo-musulmani comunemente definito come “primavera araba”. Al di là della drammaticità di queste vicende, va tuttavia sottolineato che la condizione degli studiosi occidentali che conducono le proprie ricerche nei paesi dell’Asia, dell’Africa e del Medio Oriente porta con sé indissolubilmente una serie di ostacoli che sono in parte riconducibili alle crisi politiche del momento, ma che sono in generale legate ai caratteri specifici di quelle società. Il saggio fa riferimento a un campo di studi e a un’area geografica specifici: la ricerca storico-politica e l’Asia meridionale, ovvero la regione del continente asiatico che comprende gli Stati dell’Afghanistan,
del Pakistan e dell’India, oltre al Bangladesh e una serie di entità politiche meno estese non trattate in questa sede.