Sonata quasi una fantasia in do diesis minore op. 27 n. 2. Primo movimento: Adagio sostenuto
Abstract
Le Sonate op. 27
Le due <em>Sonate</em> op. 27 segnano una svolta nel processo di sperimentazione formale che impegna Beethoven a inizio secolo.
Composte tra il 1800 e il 1801 le due opere sono il frutto di una ricerca così audace che lo stesso autore le definirà <em>Sonata quasi una fantasia</em>, termine che nella lingua tedesca è semanticamente associato a quello di improvvisazione e che non verrà mai più utilizzato all’interno dell’intero ciclo sonastistico.
La forma è plasmata in modo da restituire con aderenza ed efficacia i contenuti espressivi attraverso una sempre maggiore unificazione stilistica fra tutti i movimenti, analogamente a quanto avviene nelle composizioni dello stile tardo.
Opere gemelle, pur nella radicale diversità di carattere, le due composizioni sono dedicate rispettivamente alla contessa Josephine von Liechtenstein e alla contessina Giulietta Guicciardi.
Sonata quasi una fantasia in do diesis minore op. 27 n. 2
L’<em>Adagio sostenuto della Sonata</em> op. 27 n. 2 scandaglia abissi di prostrazione tra i più profondi mai indagati da Beethoven.
L’opera è dedicata alla sedicenne Giulietta Guicciardi, fanciulla con la quale Beethoven sperava di potere realizzare il proprio sogno di felicità familiare.
Ma non c’è solo la delusione cocente del rifiuto a impregnare queste pagine.
La radiografia della disperazione restituita dalla scrittura asciutta e stenografica dell’<em>Adagio sostenuto</em>, in cui secondo Adorno Beethoven dimostra di contenere hegelianamente in sé tutto il romanticismo, spalanca ben altra desolazione esistenziale. Se ne troverà eco nel soliloquio che prenderà poi forma nel tardo <em>Quartetto</em> in do diesis minore op. 131.