Tra i più appassionati partecipanti all’esposizione, di Giovanni Brancaccio e del suo dipinto Natura morta sappiamo sostanzialmente tutto grazie alla corrispondenza che egli intrattenne con l’allora rettore Rodolfo Ambrosino. Il rapporto epistolare ebbe inizio quando Brancaccio rispose da Napoli in data 11 settembre 1953: “Illustre Signor Rettore, La prego di scusarmi se, per una mia distrazione non ho risposto a una Sua gentile lettera del 17 luglio. L’involontaria scortesia è dipesa dal disordine che spesso regna nelle mie carte! Ad ogni modo, la ringrazio, per l’invito rivoltomi e se, a quanto è detto nel regolamento accluso alla lettera, non vi sono nuove disposizioni o rinvii, spedirò il mio quadro per la data stabilita e cioè 30 c. m.”. Quando giunse l’invito da parte del Rettore a partecipare all’inaugurazione dell’evento, Brancaccio declinò a causa dei suoi continui impegni tra Roma e Napoli. Infatti, dalla capitale egli informò in data 28 novembre: “Illustre Sig. Rettore. La ringrazio del cortese invito fattomi a presenziare all’inaugurazione dell’esposizione e sono dolente di non poter partecipare perché impegnato qui in Roma ai lavori di una commissione di concorsi presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Con l’occasione formulo i migliori auguri per una perfetta riuscita della intelligente manifestazione”. Quando si presentò la volontà di acquistare l’opera da parte dell’Università, sorsero dei problemi di valutazione del dipinto che portarono Ambrosino, con capacità persuasive sorprendenti, a far reagire Brancaccio il 29 marzo 1954: “Le rispondo subito per informarla che può trattenere il mio quadro «Natura morta» per la somma comunicatami”. Si arricchì, dunque, il patrimonio artistico dell’Università di un’opera tipica del napoletano il quale, attraverso la figurazione, rispondeva ai concetti dell’astrazione portando colore, forma e materia a convivere in una sorta di spazio creato a tessere musive. Ne risulta un dipinto che ha in sé tutti gli elementi possibili per combattere tridimensionalità, tradizione e decorativismo ma utilizzando proprio quel linguaggio formale ancora comprensibile alla massa.